Milano, l’alloggio popolare solo a 16 italiani su 42 assegnatari

Hassad, Farag, Agdad: sono questi i cognomi delle famiglie nella «top ten» di chi ha ha diritto a un alloggio popolare. Ha poco di italiano l’ultima graduatoria pubblicata dal Comune per l’assegnazione delle case di edilizia residenziale pubblica. E tra i primi 42 assegnatari sono solo 16 i cognomi italiani che compaiono nella lista, pubblicata il primo dicembre, relativa al diciottesimo bando integrativo dell’Erp. A sventolare, con i toni della denuncia, l’elenco in Consiglio comunale e a pubblicarlo sulla sua pagina Facebook è il capogruppo della Lega Alessandro Morelli. Che solleva polemiche e commenti: «Gli stranieri – scrivono i sostenitori leghisti – hanno redditi più bassi e più figli. È ovvio che abbiano requisiti più idonei per avere le case».«Siamo all’ennesima riedizione di una situazione che non posso che definire aberrante – commenta Morelli – È evidente che devono essere cambiate le norme. Ma soprattutto il tema, e uso una parola cara alla sinistra, è quello delle risorse. Se è vero che gli stranieri ci pagano le pensioni e sono così importanti per la nostra economia, com’è possibile che ci siano questi risultati? Non considero una risorsa una persona cui devo pagare casa, assegno familiare, scuola, libri, sanità e quant’altro. Quando la Lega amministrerà, la priorità saranno i milanesi». Prendendo spunto dall’elenco di cognomi stranieri, il Carroccio torna a chiedere nuove norme per definire le graduatorie delle case popolari. Non più solo cinque anni di residenza come requisito minimo per partecipare ai bandi, ma almeno una decina. È una delle novità contenute nel disegno di riforma complessivo del settore presentato dall’assessore alla Casa Fabrizio Sala alle parti sociali alla fine di ottobre. Non solo. La legge regionale prevede controlli annuali sullo stato patrimoniale e di reddito dei locatori fissando anche un tetto di otto anni (rinnovabili) nell’assegnazione dell’immobile. «La casa popolare non è un bene eterno – spiega Sala – ma un servizio pubblico che ha un limite temporale, quello che serve a una famiglia per uscire dal disagio economico». In Regione abbiamo 60mila persone in graduatoria. Metteremo in campo quasi mezzo miliardo per i prossimi tre anni». I nuovi paletti, sostengono i leghisti, sono «la condizione fondamentale per evitare che la maggior parte degli appartamenti siano beffardamente appannaggio di stranieri».

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